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La frattura del polso: i presupposti per una buona riabilitazione

E’ il tipo di frattura più comune, con un’incidenza pari al 20% rispetto a tutte le altre fratture che possono accadere nel nostro corpo. L’incidenza è leggermente più alta nelle donne, con una crescita esponenziale a partire dal periodo perimenopausale, mentre per quanto riguarda gli uomini la casistica aumenta solo nella tarda vecchiaia.
Vi è una differenza sostanziale tra le fratture con trauma ad alta energia e fratture con trauma a bassa energia. Queste ultime sono quelle fratture che avvengono cadendo durante la stazione eretta (siano esse in dinamica o in statica), quindi da un’altezza pari a quella del nostro corpo. I traumi ad alta energia sono invece tutti gli altri, ossia cadendo da altezze maggiori, oppure dovute ad incidenti stradali per esempio.
I fattori che possono condizionare una frattura di polso sono il genere del paziente, il fumo, la densità ossea al momento dell’impatto (quindi condizioni di osteoporosi o osteopenia), il livello di Vitamina D, comorbidità di natura autoimmune.
L’intervento riabilitativo comincia a dipendenza del tipo di trattamento chirurgico effettuato. Nel caso di fratture trattate in maniera conservativa, va indossato un tutore per 3-4 settimane, e solo successivamente si può approciare un piano di riabilitazione. In caso di fratture trattate con placca volare (dal lato del palmo della mano), la riabilitazione può iniziare anche la settimana dopo l’intervento, previo consenso del chirurgo che ha operato.
In linea generale, l’approccio riabilitativo specialistico deve prevedere tre fasi: il confezionamento di un tutore, la mobilizzazione e, in ultima istanza, il rinforzo.
Ogni fase deve essere valutata in base ai miglioramenti del paziente, ai miglioramenti dei parametri radiografici e alle eventuali comunicazioni date in sede di controllo dal medico che ha effettuato la chirurgia.
Il successo del percorso di riabilitazione viene valutato in base ai gradi di articolarità recuperati dal paziente, dal grado di funzionalità della mano e dell’arto superiore raggiunta durante la vita quotidiana, dal grado di forza recuperata e da parametri radiografici positivi.
Assumono importanza fondamentale anche i controlli presso il medico che ha operato, solitamente dopo 6 e 12 settimane dall’intervento, poi ancora a 6 mesi e 1 anno dall’intervento.
A livello teorico, un polso funzionale deve raggiungere COME MINIMO i 40 gradi di flessione, 40 gradi di estensione, e 40 gradi totali di deviazione ulnare e radiale. La supinazione deve essere ripristinata il più possibile ricoprendo un ruolo fondamentale in parecchi gesti della vita quotidiana.
In media, con una riabilitazione specifica, il recupero di flessione, estensione, pronazione e supinazione si attesta rispettivamente a 59°, 63°, 80° e 81°.
Alla fine del percorso quindi bisognerà porsi una domanda: sono riuscito a tornare a fare tutte le cose che facevo prima senza troppi impedimenti?

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